Shiawase
o la felicità declinata in giapponese
Capita di scoprire negli anni che la felicità non è qualcosa che si trova, che non ha niente di dovuto, che è a tutti gli effetti qualcosa che si crea, come il tempo, come una famiglia. È un progetto, fatto di post-it, impegni presi con gli altri e con se stessi, pause forzate, brevi accelerazioni.
La felicità richiede capacità, come lame che vanno affilate tutta la vita. Un esercizio costante, ecco cos’è. Sì, la felicità richiede capacità. “Capacità non solo nel senso di attitudine a contenere – perchè è indubbio che ci voglia una sorta di spazio all’interno di sé prima di piantare un nuovo seme -, ma “capacità” anche nel senso di abilità nel maneggiarla, gestirla, mantenerla.
È un costante esercizio di manutenzione, la gioia.